Come delineato nei capitoli precedenti, in particolare nel capitolo 2, la Lombardia conserva un ruolo trainante nel contesto nazionale e di competitività nei confronti delle regioni europee comparabili. All’interno di questo quadro, si delineano i punti di forza e le opportunità propri del sistema lombardo; quanto segue è stato raccolto dalle interviste alle Associazioni Territoriali di Confindustria e dal rapporto di Éupolis Lombardia (2015), suddiviso in tre ambiti principali.
“L’industria italiana, nonostante tutto, è ancora forte. C’è ancora voglia di fare, c’è capacità imprenditoriale, c’è amore del rischio, ci sono importanti professionalità nel mondo del lavoro. Siamo un paese che può ancora recitare un ruolo di primo piano sullo scenario economico e produttivo mondiale” (Associazione Industriale Bresciana)Economia
La Lombardia continua a svolgere il ruolo trainante del sistema economico nazionale (e non solo), anche e soprattutto attraverso le capacità espresse dal sistema delle imprese ed in particolare da una manifattura che, nonostante la crisi, è vitale e competitiva e ancora molto presente nel tessuto imprenditoriale. La forza dell’apparato produttivo è dimostrata dalla quota di valore aggiunto dell’industria sul totale e, più in generale, da una spiccata predisposizione all’imprenditorialità (con tassi di natalità delle imprese superiori a quelli nazionali). Per capire i motivi alla base di questa vitalità dobbiamo guardare gli elementi che hanno consentito queste performance. Innanzitutto i processi di internazionalizzazione. Le imprese lombarde hanno un’elevata capacità di esportare (il valore delle esportazioni della Lombardia nel 2013 supera i 108 miliardi di euro - pari al 27,7% dell’export nazionale e a più del 30% del PIL regionale), ma anche di trovare sui mercati internazionali le competenze e le tecnologie di cui necessitano (dimostrato dall’elevato grado di apertura dei mercati, misurato in termini di importazioni in % del PIL). Le imprese dimostrano inoltre grande capacità di “seguire” i clienti. In nuovi mercati, su nuove tecnologie adattando continuamente prodotti e servizi, identificando e presidiando nicchie di mercato, trascurate dai grandi produttori generalisti, e spostandosi verso produzioni sempre più ad alto valore aggiunto, abbandonando progressivamente quelle più “basilari”3 sulle quali la competizione con i paesi emergenti non è sostenibile.
E’ inoltre sempre alta l’attenzione e la propensione verso l’innovazione continua, sviluppata internamente (il numero addetti alla ricerca e sviluppo ogni mille abitanti superiore alla media italiana e il numero di brevetti per milione di abitanti è superiore al dato nazionale).
“Piccoli, medi o grandi, gli imprenditori sono tali perché in loro è forte lo spirito dell’intraprendere, del fare qualcosa non solo per se stessi ma anche per i propri collaboratori e la collettività” (Associazione Industriale Cremona)Se ai punti sopra si aggiunge la produttività in ripresa negli ultimi anni, la disponibilità di una variegata galassia di fornitori competenti, localizzati in un raggio di pochi chilometri, e una marcata e diffusa etica e dedizione al lavoro da parte degli imprenditori ma anche di tutti i dipendenti e fornitori, si può facilmente intuire il livello di performance del sistema imprenditoriale lombardo.
Conseguenza diretta di quanto sopra, ovvero della forza e vitalità del sistema delle imprese, è un PIL pro-capite elevato, superiore a quello di tutte le regioni (con l’eccezione della Valle d’Aosta e del Trentino Alto Adige).
Occupazione
Anche sul fronte occupazionale, si registrano segnali importanti. Infatti, il tasso di occupazione maschile è superiore alla media europea e ai target di Europa 2020 (75% tra i 20 e i 64 anni), i tassi di occupazione e di attività femminili (15-64 anni) sono elevati, superiori alla media del Nord Ovest e italiana così come il tasso di occupazione nell’industria, con un aumento dell’occupazione delle persone con un livello di istruzione pari o superiore al diploma. Ne è diretta conseguenza che il tasso di disoccupazione, in particolare maschile, è inferiore alla media europea e i tassi di disoccupazione, in particolare maschili e di lunga durata, sono inferiori a quelli medi italiani. La Lombardia vanta, inoltre, una quota di laureati in materie tecnico-scientifiche superiore alla media nazionale.
Formazione
La Lombardia si caratterizza per la buona e articolata offerta scolastica e formativa e di istruzione terziaria, con una forte attrattività di quest’ultima che quindi vede la crescita del numero di studenti iscritti ai percorsi di formazione professionale. Si registra inoltre una bassa quota di ragazze che abbandonano gli studi (inferiore a quella dei ragazzi) e buone performance delle ragazze negli studi (migliori di quelle dei ragazzi).
Il pur competitivo contesto lombardo deve fronteggiare diverse sfide, riassunte nei punti di debolezza interni e nelle minacce esterne. Utilizzando le stesse fonti e gli tessi ambiti di analisi visti in precedenza:
Economia
Su questo fronte ci sono grandi spazi di miglioramento. Le dimensioni medie delle imprese continuano ad essere sempre molto ridotte e non più adatte al contesto competitivo globale ma, parallelamente, l’evidente individualismo imprenditoriale, riduce la possibilità di reti, collaborazioni, alleanze e fusioni, presenti ma largamente sottoutilizzate, e non permette di sfruttare appieno le opportunità derivanti dall’open innovation e dalle collaborazioni tecnologiche, anch’esse note ma altrettanto sottoutilizzate. Quest’ultimo punto in particolare, se letto congiuntamente ad altri dati relativi al tema dell’innovazione (spesa in R&S inferiore alla media europea e cresciuta meno della media nazionale, capacità innovativa inferiore a quella del Centro e del Nord Ovest) mette in luce un potenziale ambito di debolezza futuro. Altri elementi di debolezza del sistema delle imprese fanno riferimento alla non sempre elevata sofisticatezza delle operazioni aziendali e della cultura manageriale e al tema sempre attuale del passaggio generazionale; su questi argomenti si è lavorato molto e quindi il loro impatto è stato ridimensionato, ma rimangono ancora presenti.
Occupazione
Rimane inferiore alla media europea la partecipazione alla vita economica delle donne (gli inserimenti occupazionali delle ragazze sono inferiori di quelli dei ragazzi, nonostante il livello di istruzione più elevato e dal tasso di occupazione femminile inferiore alla media europea) e di alcune fasce di età (tasso di occupazione over55 inferiore alla media europea, crescita della quota di giovani NEET4 , con un valore superiore alla media europea), a cui aggiungere una forte aumento dei lavoratori coinvolti in situazioni di crisi, della disoccupazione di lunga durata e della inattività tra gli uomini e i giovani.
Formazione
Si assiste ad un mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, ovvero le competenze acquisite nel percorso formativo non sono quelle di cui hanno bisogno le imprese, che di contro non riescono a coprire alcuni ruoli proprio per mancanza delle risorse umane con adeguata formazione. Questo gap di competenze viene spesso risolto con la formazione aziendale e il training-on-the-job. Questo mismatch tra domanda e offerta di lavoro si manifesta anche nel fenomeno della sovra-istruzione (tendenza ad allungare il proprio percorso formativo, creando figure con livelli di competenze e aspettative non in linea con le esigenze del mercato).
Non è facile prevedere il futuro, tantomeno se si traguarda un futuro a 15 anni da oggi. Ma la Vision che Confindustria Lombardia ha per il 2030 non è una previsione, ma la propria visione di dove vuole arrivare, di quale Lombardia vogliamo avere: una regione ancora più sviluppata e prospera, con un alto tenore e qualità della vita, con piena occupazione e integrazione di tutte le sue componenti sociali in un ambiente sostenibile e sicuro.
“… unire le forze, fare sistema su una visione dello sviluppo centrata sul ritorno all’industria, che è un ritorno al futuro, perché ovviamente non stiamo parlando della grande industria del novecento ma dell’industria del futuro, fondata sulla qualità manifatturiera e sulle competenze tecnologiche, su quelle che l’Unione Europea ha chiamato le tecnologie abilitanti” (Confindustria Pavia)In termini quantitativi, non vogliamo vedere solo crescere il PIL pro-capite, ma questa crescita deve essere effetto dell’accresciuta competitività del sistema delle imprese (che significa una crescita in termini di:numero di imprese manifatturiere attive, densità di unità locali delle imprese manifatturiere, valore aggiunto dell’industria, capacità di esportare prodotti a elevata produttività, produttività per addetto, investimenti diretti netti della regione all’estero in percentuale al PIL, capacità di attrarre investimenti diretti esteri, numero di brevetti registrati allo European Patent Office, e surplus manifatturiero) ed essere accompagnata da un miglioramento sociale (diminuzione del tasso di disoccupazione e aumento del tasso di occupazione, in particolare femminile, aumento del tasso di scolarizzazione superiore e in particolare in discipline scientifiche e tecnologiche e diminuzione del tasso dei NEET) e ambientale (aumento dell’incidenza della certificazione ambientale e dei siti di organizzazioni con certificazione ambientale ISO 14001).
In sintesi, si intende perseguire la crescita sociale e culturale della regione (e a cascata del paese e di tutta l’Europa) attraverso la prosperità generata dalle sue imprese che si riverbera su tutti gli stakeholder.
Per arrivare a questo traguardo di prosperità è necessario incrementare il livello di competitività della regione, facendo leva sui numerosi punti di forza e cogliendo le opportunità che il contesto competitivo globale offre.
E tra i punti di forza che devono rilasciare tutto il loro massimo potenziale c’è sicuramente il sistema delle imprese e, all’interno di questo, il settore manifatturiero. E’ partendo dalla centralità del manifatturiero che l’intero sistema produttivo lombardo potrà evolversi ed affrontare il passaggio all’Industria 4.0. Questa evoluzione sarà infatti una trasformazione inclusiva perché, oltre al settore manifatturiero, riguarderà l’artigianato, i servizi e genererà un’occupazione qualificata aumentando l’occupabilità. La grande potenzialità dello sviluppo di questo nuovo settore saranno non solo l’integrazione tra servizi innovativi e tecnologie informatiche nella produzione industriale, ma soprattutto la creazione di un vero e proprio ecosistema dell’innovazione che faccia da traino per tutta l’economia di un territorio.
Velocità, flessibilità e automazione saranno le parole chiave della nuova rivoluzione industriale che non potrà che aumentare il valore aggiunto per le imprese e, a monte, per l’intera filiera produttiva, seguendo i clienti e le loro sempre più mutevoli esigenze. Ma per farlo è necessario attrezzarsi.
Il cambio di paradigma sarà – ancora una volta – radicale e per essere accompagnati lungo un percorso impervio è ancor più necessaria la visione e la declinazione della stessa in progetti operativi che solo una grande Associazione Industriale può mettere in campo: la sfida non può essere affrontata dalla singola impresa, è una sfida dell’intero sistema-regione e del sistema paese.
Per la Lombardia questo significherà la sfida globale di un’area ampia geografica (incentrata in particolare sulla Lombardia, con Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna, ma anche sulla vicina Svizzera) per diventare un grande hub economico a livello globale in grado di far da traino alle economie regionali e nazionali. Questa sfida deve iniziare dalla consapevolezza che la competizione globale sarà incentrata sulla capacità di attrarre capitale umano e imprese innovativi, in una continua contaminazione con territori, competenze e tecnologie sempre più “lontane”, facendo della permeabilità del sistema uno dei suoi migliori asset.
Capacità di attrarre, ma anche di mantenere.
Il numero e la forza degli hub dell’innovazione, di un Paese o di un territorio, ne decreteranno la fortuna o il declino. E quindi la valorizzazione dei talenti, degli innovatori e delle forze migliori, nativi o stranieri che siano, avrà altrettanto peso rispetto all’attrazione.
Parallelamente allo sviluppo di luoghi in cui si fabbricano fisicamente le cose sempre più evoluti, nuovi trend si affacceranno. Le città con un’alta percentuale di lavoratori a scolarità elevata diventeranno le nuove fabbriche, centri per la produzione di idee, sapere e valore in luoghi di lavoro condiviso, spazi aperti per la generazione di idee e manufatti.
Quindi, in sintesi e in riferimento ai dati presentati nel capitolo 2, l’obiettivo per il 2030 è che la Lombardia guadagni le prime posizioni nella competitività e nella prosperità, in confronto con le regioni europee più performanti, e non solo. Obiettivo ambizioso è vero, ma le premesse e le condizioni per questo “salto quantico” ci sono tutte.
Se il sistema lombardo ha uno dei punti di forza nel medium tech, questo non deve far trascurare fenomeni di cambiamento radicale che si affacciano all’orizzonte avendo, anzi, la capacità di guidare e non subire questi cambiamenti e integrandoli nel modo più efficace possibile nel contesto esistente.
Questo grande cambiamento viene chiamato “Industria 4.0”.
La digitalizzazione dei processi produttivi rappresenta un’enorme opportunità, oltre che una realtà: le economie avanzate stanno infatti già da tempo mettendo in atto la quarta rivoluzione industriale, una riconversione dei processi produttivi fondata sulla digitalizzazione della produzione.
Il passaggio alle nuove tecnologie della quarta rivoluzione industriale infatti rappresenta il momento di picco di un processo in corso da tempo per cui gli oggetti fisici dialogheranno tra loro creando un sistema industriale complesso e interconnesso a livello globale. Un recente rapporto McKinsey dà l’idea di quale sarà l’impatto di questo passaggio epocale: “si stima che la produttività possa crescere di oltre il 25% grazie alla digitalizzazione dell’intera filiera produttiva, che consentirà di rispondere in modo più efficace a una domanda in costante evoluzione”.
La fabbrica intelligente attraversa l’intera catena del valore della produzione, e le tecnologie digitali rappresentano l’elemento di rivoluzione del sistema produttivo inglobando i nuovi paradigmi dell’Industria 4.0. Possiamo riassumere il concetto di Industria 4.0 nell’insieme integrato di esseri umani, oggetti e sistemi che creano una rete digitale e interconnessa tra imprese, coinvolgendo l’intera filiera produttiva, capace di auto-organizzarsi e di ottimizzarsi in tempo reale: il tutto allo scopo di creare maggiore valore attraverso l’incremento della competitività.
Lo stesso rapporto McKinsey categorizza gli impianti produttivi di nuova generazione: (I) impianti automatizzati, completamente digitalizzati e a basso costo, per produzioni di massa; (II) impianti per la produzione su vasta scala di prodotti personalizzati per rispondere ai trend di mercato; (III) gli “e-plant in a box” adatti a produzioni di nicchia e facilmente dislocabili a seconda della domanda. Per un Paese come l’Italia, le ultime due tipologie sono sicuramente le più rilevanti. Non solo produttività industriale ma, potenzialmente, anche nuovi modelli di business.
Si tratta, infatti, di tecnologie che stanno cambiando il modo di progettare, realizzare e distribuire qualsiasi prodotto in tutto il mondo e possono creare un fil rouge digitale lungo tutta la filiera industriale che permette di organizzare e gestire grandi quantità di informazioni. Il successo dell’implementazione delle tecnologie digitali nella produzione dipenderà dalla costruzione di una comunicazione fluida tra tutti gli anelli della catena industriale, trasformando il flusso continuo di dati in un coerente tracciato digitale. Per questo i benchmark sono da cercare nelle caratteristiche delle applicazioni consumer-based e dei software cloud-based che li rendono aggiornabili, intuitivi da utilizzare e abbastanza accessibili nel prezzo.
La sfida è importante perché la digitalizzazione della filiera non solo renderebbe possibile la comunicazione tra operatori e macchine, con un evidente vantaggio sui costi-benefici, ma potrebbe facilitare anche l’innovazione e la competitività. Innanzitutto, la disponibilità immediata e l’analisi di grandi quantità di dati che provengono da tutto il ciclo di vita del prodotto consente di migliorare il funzionamento dei macchinari, ridurre il time to market, fino ad arrivare a comprendere meglio le esigenze dei consumatori. Questo renderebbe l’innovazione del prodotto ancora più efficace e ancora più legata a un’attività di analisi, test e simulazioni.
Le potenzialità dell’industria 4.0 sono molto promettenti: le linee di produzione saranno in grado di riconfigurarsi automaticamente per ottimizzare la produttività, rispondere dinamicamente ai nuovi ordini o a variazioni degli stessi, predire i loro guasti e avviare i processi manutentivi adeguati in maniera autonoma, ecc. Ci si aspetta inoltre un aumento della flessibilità dei processi fino ad arrivare alla linea che potrà produrre qualsiasi tipo di prodotto senza la necessità di un passaggio da un lotto all’altro o di lunghi e costosi set-up ma, ad esempio, attraverso un settaggio dei profili dei robot dettato dall’impianto stesso progressivamente, mentre i prodotti procedono lungo la linea.
Lungo l’intera filiera la digitalizzazione impatta direttamente sulla Supply chain, che diventa interamente integrata e coordinata, sulle sinergie tra fornitori, sui tempi di risposta ai bisogni del mercato infinitamente più veloci, sull’interconnessione dei sistemi, sulla riduzione dei tempi di produzione e dei relativi costi, sulla flessibilità, sulla vicinanza Cliente – Marketing, sull’incontro tra bisogni del cliente e sull’efficienza della produzione di massa e, infine, sull’on demand manufacturing.
È così, quindi, che tecnologie già note e innovazioni si combinano sinergicamente creando le condizioni per una nuova rivoluzione industriale multidimensionale. Una sfida per il manifatturiero lombardo.
La Lombardia è un territorio che già possiede numerosi ed evidenti punti di forza, che sono dati da quelli che la letteratura scientifica definisce le dotazioni, cioè quelle risorse che la posizione geografica, la storia e la tradizione, e madre natura le hanno dato. Ma non basta. I punti di debolezza e le minacce ci sono (disoccupazione ed esclusione di certe fasce di età dal mercato del lavoro, imprese piccole e individualiste, competizione globale sempre più accesa, ecc.) e le sfide da cogliere sono importanti.
La Lombardia presenta un profilo di competitività apparentemente elevato, ma al contempo mostra segni di sofferenza contingente e, ancora più importante, mostra segnali di debolezza strategica e di lenta ma graduale perdita di posizioni competitive. Il fenomeno non è evidente, è lento e “drogato” dall’indiscutibile benessere che nel tempo la regione Lombardia ha saputo costruire.
Ma non è all’oggi che guardiamo, è al domani anzi, ancora più in là, al 2030.
Come abbiamo visto per mantenere e accrescere la competitività è necessario mettere in atto tutte le misure che possano sostenere e migliorare la produttività. Per questo occorre agire sulle determinanti della competitività che riguardano più da vicino lo sviluppo del sistema delle imprese (le c.d. determinanti microeconomiche) e di ciò che le circonda, più precisamente:
Solo agendo a questo livello si raggiungerà la competitività e quindi una prosperità diffusa.
Il Piano Strategico #Lombardia2030 ha proprio questo obiettivo, agire su questo livello delle determinanti della competitività per rendere la Lombardia, più competitiva e quindi più prospera.
Attraverso un lungo percorso, che ha portato alla condivisione dei contenuti con i rappresentanti del Sistema di Confindustria elencati nella nota metodologica, sono state individuate le più importanti sfide strategiche che attendono Confindustria Lombardia, che sono le sfide per rendere la regione Lombardia prospera e competitiva.
Le interviste e il work-out hanno chiaramente indicato i seguenti ambiti come le sfide strategiche più rilevanti:
Area “Generazione cultura pro industria”
Area “Qualità dell’ambiente di business”
Area “Stato di sviluppo dei cluster”
Area “Sofisticatezza delle strategie e attività d’impresa”
A queste linee strategiche affianchiamo un tema trasversale e comune: la necessità di far percepire al meglio le nostre potenzialità in Europa e nel resto del mondo, superando il pregiudizio generato da alcune graduatorie che ci penalizzano. Per migliorare quindi l’immagine e il percepito della Lombardia e valorizzando al meglio le sue competenze e qualità.
Ma per quanto tutte di grande impatto per la competitività della regione Lombardia, queste sfide necessitano di modalità di azione e di livelli di priorità diversi.
Le modalità di azione sono due: azione diretta ed indiretta. Per azione diretta si intendono quelle linee strategiche su cui Confindustria Lombardia e il sistema Confindustriale possono incidere direttamente, attivando attività e programmi operativi che influenzano senza intermediazioni lo sviluppo della linea strategica. Appartengono alla modalità diretta le linee denominate: (I) Formazione professionale, (II) Diffusione della cultura d’impresa, (III) Sviluppo dei Cluster e (IV) Internazionalizzazione. Per azione indiretta si intendono quelle linee per le quali non è possibile tale azione diretta ma Confindustria Lombardia può svolgere unicamente un ruolo di lobbying e pressione nei confronti del legislatore e delle Istituzioni. Ruolo che appartiene al suo core business e che sempre più dovrà svolgere in collaborazione e in un costante confronto con gli altri stakeholder. Appartengono alla modalità indiretta le linee denominate (I) Mancanza di infrastrutture fisiche e (II) Peso eccessivo della burocrazia.
Il presente Piano Strategico verte quindi principalmente sulle azioni dirette al miglioramento della competitività microeconomica e al tema, trasversale, della diffusione cultura d’impresa.
Le azioni indirette – che hanno effetto sulle determinanti della competitività macroeconomica – saranno il terreno sul quale sviluppare continue ed efficaci azioni di lobbying. I diversi livelli di avanzamento delle linee strategiche influenzeranno le relative attività operative.